Non è solo una vittoria, è un ritorno, un grido liberatorio al cielo del Principato. Matteo Berrettini ha piegato Alexander Zverev 2-6 6-3 7-5 in una di quelle partite che lasciano il segno in una carriera, e forse nel caso del romano, anche una rinascita.
“Mi dicevo di godermi la lotta”, ha raccontato Matteo in conferenza stampa, con lo sguardo lucido di chi sa cosa ha appena fatto. “Non è stato facile all’inizio, non mi sentivo al meglio, soprattutto nel primo set. Sascha stava giocando un tennis di altissimo livello, aggressivo, preciso. Dovevo trovare qualcosa dentro di me. E l’ho trovato nella voglia di combattere.”
Dal dolore alla gioia: Monte Carlo come riscatto
Berrettini è tornato al Rolex Monte-Carlo Masters, dove tre anni fa si era fermato, spezzato dal dolore fisico. “Avevo l’addominale a pezzi. Ricordo che non riuscivo neanche a starnutire o tossire senza una fitta tremenda. Sentivo la gente che tifava sugli spalti mentre io ero a letto, impotente. È stato uno dei giorni più duri della mia carriera.”
Quella ferita oggi sembra chiusa. E in quello stesso stadio, ora è lui ad accendere il pubblico. “Li ho sentiti tanto, tantissimo. Quando ho chiesto di farmi sentire, loro hanno risposto. Nei momenti in cui ero stanco, mi hanno ricaricato. Non è solo il mio team a spingermi: è anche la gente, è il calore italiano che si sente forte qui a Monte Carlo.”
Cuore, testa e timing: la chiave della rimonta
La partita sembrava scivolargli via. Il primo set era stato un monologo di Zverev. Ma il secondo ha visto Berrettini cambiare faccia. “Ho cominciato a credere nei miei colpi. Mi dicevo: ‘Vai, entra, osa’. E quando ho iniziato ad aggredire di più, ho notato che lui ha perso campo. Era come se si stesse tirando un po’ indietro, e lì ho capito che qualcosa stava cambiando.”
La svolta definitiva è arrivata nel terzo set, in un’altalena di emozioni. “Dopo il break subito non era facile, ma ho reagito subito. E questo per me vale tanto. Significa che mentalmente ci sono. Significa che sto tornando ad essere il Berrettini che voglio essere. Non solo con i colpi, ma con la testa e con il cuore.”
A fine match, Zverev ha parlato di un suo crollo dopo il break subito nel secondo set. Matteo ascolta, ma replica con garbo e fermezza. “Capisco la delusione dopo una sconfitta. Ma non credo che lui abbia giocato male. Piuttosto credo che io gli abbia tolto certezze. Ho cambiato ritmo, ho preso più campo, e da lì in poi ho sentito che il match era nelle mie mani.”
“La vittoria più importante? Guardando il ranking, sì ma…”
“Guardando al ranking del giocatore forse è la partita più importante della mia carriera,” ha spiegato Matteo con lucidità, “ma ci sono partite e partite, e tante importanti nella mia carriera, come la vittoria su Djokovic di quest’anno o la finale di Wimbledon. Però per come sono arrivato sulla terra, ci tenevo ad avere una prestazione importante. Sono molto felice, sapevo che potevo vincere questa partita, l’ho detto ieri e anche le persone che mi sono vicine lo sapevano.”
E a proposito di connessioni azzurre, inevitabile un riferimento a Jannik Sinner. “Con Jannik ci siamo sentiti un paio di settimane fa, abbiamo sempre avuto un rispetto reciproco. Abbiamo team diversi, e in questo momento è giusto lasciargli il giusto spazio, da trascorrere con il suo team e la sua famiglia. Non gli scriverò per la vittoria di oggi, mi sembrerebbe piuttosto egocentrico. Però sono contento di potergli dare una mano, anche se non ne ha bisogno. È più forte, e lo sarà anche al suo ritorno in campo.”
Verso Musetti o Lehecka, con lo spirito di squadra
Nel prossimo turno, Berrettini troverà uno tra Lorenzo Musetti e Jiri Lehecka. E anche qui, Matteo mostra uno spirito da vero uomo squadra. “Auguro a Lorenzo e Jiri di fare il meglio. Sarà una partita durissima, ma Lorenzo ha tutte le carte in regola per vincere. Gli faccio un grosso in bocca al lupo. In Davis siamo una squadra che cerca di arrivare fino alla vittoria.”
Il sorriso che accompagna le sue parole non è solo quello della soddisfazione. È un sorriso nuovo, di chi ha ritrovato qualcosa che sembrava perso. “Mi sto godendo il combattimento. Questo è il mio modo di vivere il tennis adesso. È gioia. La gioia della fatica, del punto lottato, del game sudato. Se riesco a godermela, allora gioco anche meglio“. Monte Carlo lo ha restituito al tennis, e forse, anche a sé stesso. Con un Berrettini così, il tabellone potrebbe essere un alleato per ricominciare a sognare.