In vista dell’attesissimo rientro di Jannik Sinner, uno dei pezzi da novanta dell’entourage dell’altoatesino, Marco Panichi, ha concesso un’intervista al Corriere Della Sera, rivelando alcuni dettagli del certosino lavoro svolto durante il periodo di sospensione, ormai in procinto di terminare. Il trimestre lontano dalle competizioni è stato un toccasana per il fisico del numero uno del mondo – sottoposto a toste routine da svariati anni – durante il quale non si è solo riposato, ma ha soprattutto potenziato la sua condizione.
“Dal giorno in cui abbiamo saputo dello stop, giocatore, team e management hanno avuto all’unisono lo stesso pensiero: sfruttare al meglio questo periodo – ha dichiarato il preparatore atletico – Sapevamo da subito di poter fare un bel lavoro, studiato e programmato, non diluito e spezzettato dai viaggi e dai tornei come al solito. Non è che eravamo contenti della sospensione di Jannik – ha giustamente sottolineato – però abbiamo studiato un modo attivo e propositivo di viverla. Abbiamo trasformato i micro-cicli di lavoro in macro-cicli, siamo scesi nel particolare e nel dettaglio, abbiamo dedicato tanto tempo all’acquisizione di dati su Jannik, applicando moduli di allenamento per metterlo nelle condizioni di fare un altro salto di qualità importante. Da Roma in poi, questo lavoro dovrà dare i suoi frutti”.
Come confermato dall’ex preparatore atletico di Nole Djokovic – che ha definito la permanenza nel team serbo “Un corso accelerato. Una grande Università del tennis” – i mesi in cui Jannik è stato costretto ai box, hanno consentito a tutto il suo staff di ridisegnare parecchie dinamiche che riguardassero non solo il prioritario aspetto fisico, ma anche quello psichico, generando nuovi stimoli al campione azzurro: “L’aspetto motivazionale è determinante. Sfidiamo continuamente Jannik con nuove sollecitazioni, lo spingiamo a fare cose nuove, per lui inedite. Anche semplici: una partita a golf, la visita di un museo… Ampliare la sfera mentale permette di presentarsi all’allenamento più freschi. Però è altrettanto vero che una certa ripetitività è utile al confronto, senza correre il rischio di ingabbiare il giocatore in qualcosa di troppo monotono. È la varietà nel protocollo di lavoro che ci consente di capire se stiamo andando bene”.
A proposito di ciò, Panichi ha preferito mantenere una certa discrezione circa gli spostamenti effettuati nelle ultime settimane, e ha espressamente affermato: “Sarà Jannik a parlarne, se lo vorrà – aggiungendo, in seguito – durante lo stop forzato sta scoprendo cose nuove, che lo stimolano. Quando giriamo per tornei è impossibile dedicarsi ad altro che non sia allenamento, partita e recupero. Per di più Jannik non può più andare in giro senza essere riconosciuto e fermato. In questi tre mesi, inoltre, si è preso del tempo libero per se stesso: si è riscoperto. La detossificazione è in atto. Sono molto contento: a livello mentale è trasformato. A Roma tornerà con un’enorme motivazione e un’importante freschezza”.
La fase embrionale della carriera di Sinner è stata limitata da un fisico, a detta di molti “fragile”, per poi riscoprirsi essere – grazie, certamente, ai progressi in allenamento – l’elemento vincente, il plus dell’ecosistema tennistico dell’azzurro. “Se fosse più forte, non potrebbe essere così agile – ha dichiarato lo stesso Panichi – Coordinazione, stamina, aspetto neurovegetativo – queste le unità vincenti – Jannik ha un fisico da decatleta, sa fare bene tutto. Se è una macchina quasi perfetta dobbiamo ringraziare Hanspeter e Siglinde Sinner, i genitori che gli hanno trasmesso il Dna. Dal mio punto di vista, il suo più straordinario talento è la gestione delle situazioni, che sia un allenamento o una partita tesissima: ha una calma operativa, nei momenti che contano, rara. Mente e fisico sono un sistema integrato: quando uno lo tira giù, l’altro lo spinge in su. Sa usare le emozioni come fonte di energia: se hai un travaso emotivo, ti blocchi; ma lui sa surfare sulle emozioni, restando sempre sulla cresta. Il sistema integrato si allena, certo. Ma con le doti di Jannik Sinner devi nascere”.
Panichi non lascia nulla al caso, ed è lui, infatti, il fautore dell’esponenziale crescita muscolare del numero uno, che ha ormai rinunciato anche alle famigerate cavigliere, scelta ovviamente assecondata appieno dallo stesso preparatore atletico: “Eliminare le cavigliere è stato un processo lungo ma importante per Jannik. Con fondamentali risvolti psicologici. Facendo un profondo lavoro specifico, giorno dopo giorno il giocatore si è sentito sempre più sicuro. Senza che gli facessimo alcuna pressione, a un certo punto è venuto lui da noi: sono pronto, ci ha detto“. Per Il classe ’64, ogni particolare è di vitale importanza, e la costruzione della “macchina perfetta” è il frutto di un lavoro certosino, focalizzato su più aspetti, e fondato sulla teoria dei marginal gains, secondo la quale “uno 0,2% di prestazione in più, può fare la differenza: nello sport di alto livello è un’enormità. Il tennis è uno sport in cui la forza specifica per eseguire il gesto tecnico deve essere esplosiva. Non demonizzo i lavori di forza però, con il fisico di Jannik, l’aspetto funzionale è più importante. Facciamo lavori tridimensionali per sviluppare il collegamento tra segmenti che rendano il suo gesto il più efficace possibile. Nel tennis ci sono tre aree che devono concatenarsi di concerto: fisico, mente e tecnica”