Non è una notizia che coglie di sorpresa gli appassionati più attenti: quanto emerso oggi dall’ITIA (International Tennis Integrity Agency) era già stato anticipato nei mesi scorsi, anche da Ubitennis, con dettagli che lasciavano poco spazio a dubbi. Ora però arriva l’ufficialità: Max Purcell, tennista australiano di 27 anni e già numero 8 del mondo in doppio, ha accettato una squalifica di 18 mesi per violazione del Programma Antidoping del tennis (TADP). Ma dietro l’apparente collaborazione, c’è una storia che solleva diversi interrogativi su come il caso sia stato realmente gestito e, soprattutto, sull’effettiva volontà di fare chiarezza.
La sanzione riguarda l’utilizzo di un metodo proibito: due infusioni endovenose superiori a 500 ml ciascuna ricevute il 16 e 20 dicembre 2023, ben oltre il limite consentito di 100 ml ogni 12 ore dal Codice WADA. Ma le radici dell’indagine sono ben più profonde e complesse di quanto si potrebbe pensare.
Secondo quanto emerso, l’ITIA è venuta a conoscenza del comportamento illecito di Purcell e di un altro giocatore australiano, Thomas Fancutt, durante un’indagine parallela. Il 16 dicembre 2023, un fitto scambio di messaggi tra i due ha acceso l’allarme: si parla apertamente delle infusioni, delle ricevute da evitare, di come giustificare la pratica con una malattia inventata e, solo a posteriori, della verifica circa la legalità della procedura. Un approccio, questo, che fa pensare più a un tentativo di aggirare le regole che a un’inconsapevole leggerezza.
Non basta. Quando l’ITIA ha chiesto accesso al dispositivo di Purcell, alcuni messaggi erano già stati cancellati. Un dettaglio non irrilevante, che stride con l’immagine di piena collaborazione che il tennista ha cercato di offrire. Purcell ha sostenuto di non aver verificato il volume delle infusioni, mentre la clinica coinvolta ha parlato genericamente di un “possibile malinteso” sulle quantità somministrate – l’unico elemento che gioca, seppur debolmente, a suo favore.
Da qui si arriva a dicembre 2024, quando il giocatore riceve la notifica ufficiale della potenziale violazione e chiede, nello stesso giorno, di entrare in una sospensione provvisoria volontaria. Una mossa presentata da alcuni come un atto di responsabilità, ma che in realtà perde ogni valore simbolico: se sei già stato scoperto da un’indagine, non è più un’autodenuncia, è una resa ai fatti.
Anche i tempi fanno riflettere: tra le infusioni e la comunicazione pubblica della vicenda passa quasi un anno. Troppi mesi di silenzio, che rendono più difficile credere alla narrativa della trasparenza. E poi c’è la questione più spinosa: le infusioni endovenose, al di là del loro contenuto, sono considerate potenzialmente mascheranti di sostanze vietate, ed è per questo che la WADA impone un limite così basso.
Alla luce di tutto questo, la riduzione del 25% della squalifica per “collaborazione” suona quanto meno generosa. Il verdetto finale è che Purcell resterà fuori fino all’11 giugno 2026 e perderà tutti i risultati ottenuti dal 16 dicembre 2023 al 3 febbraio 2024, data in cui ha fornito il primo test antidoping negativo successivo.
“La vicenda non riguarda un test positivo, ma dimostra che le norme antidoping vanno ben oltre questo aspetto”, ha dichiarato la CEO dell’ITIA Karen Moorhouse. Parole corrette nella forma, ma che non bastano a dissolvere l’amaro in bocca. Perché se è vero che l’integrità va protetta, allora bisognerebbe anche saper distinguere tra chi sbaglia e cerca di rimediare subito, e chi invece aspetta di essere colto in flagrante prima di battere un colpo. Cancellando i messaggi.